Qui ho qualcuno che mi vuol bene

Mi chiamo A. e ho dodici anni; presto ne avrò tredici. Sono alla Casa dell’Angelo ormai da tre anni e non sempre è stato facile per me. Il primo giorno in cui arrivai qui, ad esempio, non ero affatto felice: già sapevo che in quell’estate sarei dovuto entrare in Comunità perché ero venuto qui in visita con mio papà, ma a posteriori posso dire che in quel momento non ero affatto pronto! Mi fa ridere pensare che quel giorno ero convinto che sarei rimasto per poco, magari solo poche ore. Ad accogliermi quel giorno c’erano Giuliano e Don Conshtantain; ricordo che nel vederli sorridere un po’ mi tranquillizzai, anche se per me avere fiducia di qualcuno è davvero molto difficile ancora oggi. 

Nei primi giorni ho avuto modo di conoscere i ragazzi della mia Comunità, ma non era facile per me perché non mi sentivo a mio agio. La Comunità non era ancora una casa per me, ma un posto dove l’assistente sociale mi aveva costretto a restare lontano da mio papà; e questo bastava a non farmela piacere. Non nego che ero un bel po’ arrabbiato, anzi a volte lo sono ancora adesso quando sono giù di morale per i miei pensieri. Però alla Casa dell’Angelo c’era il gioco del calcio. Qui si gioca praticamente ogni giorno, e per me vuol dire che per quel momento al giorno, per quell’ora, posso non pensare ai miei problemi… soprattutto al fatto che mi manca il mio papà. Devo ammettere che, soprattutto i primi tempi, non mi sono comportato troppo bene alla Casa dell’Angelo. Per me stare qui era dura e pensavo fosse giusto che anche per gli educatori lo fosse. Eppure qualsiasi cosa facessi, qualsiasi guaio io combinassi i miei educatori, i don mi sorridevano. E io non capivo. C’era qualcosa in quei sorrisi… qualcosa che ancora adesso non capisco benissimo, ma che è diventato più chiaro nel tempo: qui ho qualcuno che mi vuole bene. Posso dire che in realtà mi piace questo posto dove, senza un se e senza un ma, c’è qualcuno che mi vuole bene. 

Come ho detto, ora sono più grande. So che tutto ha un inizio e…una fine. Io non voglio rimanere in Comunità per sempre (neanche se questo fosse possibile!), ma non posso negare che una parte di me è cambiata grazie alla Casa dell’Angelo. Qui ho imparato cosa vuol dire stare bene anche quando si è tristi, cosa vuol dire qualcuno che ti vuole bene anche se non fai il bravo. Per quanto sia un po’ difficile ammetterlo, qui ho imparato che posso voler bene ai miei educatori anche se voglio bene anche a mio papà che non è qui con me. Fidarsi di qualcuno per me è cosa ancora molto difficile; spero di arrivarci con il tempo perché mi sembra che mi possa fare bene. Il mio impegno ora è imparare proprio questo: che esiste sempre al mondo un posto dove qualcuno può essere amato.

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